Il bosco


Il bosco

(foto di 321clic!)

Nessuno si sognerebbe di vagare nel bosco all’imbrunire il giorno di Halloween senza sapere esattamente dov’è e senza poter avvertire che tarderà. Eppure come in ogni film di genere horror è proprio quello che accade se, viaggiando da un punto A a un punto B con un’auto a noleggio, fori una gomma e ti accorgi che il kit di riparazione che ha preso il posto della ruota di scorta è scarico.

Quando questo avviene, maledici il simpatico addetto al noleggio che ti ha consegnato le chiavi con un sorriso e ti ha assicurato sulle perfette condizioni dell’inutile e pesante monovolume dotato di tutti i comfort.

Dai un calcio al menzionato kit e guardi fiducioso il cellulare che, ben carico, dal menu colorato ti avvisa di non avere segnale. Be’ se non altro la torcia funzionerà, ti dici per tranquillizzarti, già prevedendo il peggio e cioè una notte all’addiaccio.

Ti guardi intorno ed è qui che il bosco, bellissimo, con i suoi alberi che si inerpicano verso il cielo, è qui che il bosco diventa reale. Il quadretto bucolico che sino a pochi minuti prima affiancava l’auto nel suo incedere a suon di musica, diviene una opprimente realtà.

Mentre le ombre si allungano e il vento sibila tra gli alberi, il malcapitato, cioè tu, deve decidere cosa fare: attendere l’alba nella speranza di venir raggiunto da qualche viandante, oppure incamminarsi a ritroso sulla via, per ritornare alla stazione di servizio vista alcuni minuti prima.

Minuti preziosi quelli della scelta… Che fare? Sconsolati allora si prosegue seguendo il nastro d’asfalto malconcio cercando di non pensare a lupi, orsi, cinghiali e malintenzionati, che di sicuro sono lì intorno e attendono. Attendono cosa? Che l’ultimo barlume di luce si sia spento, trasformando la foresta che ti circonda in un sudario.

Come previsto, come da copione, fatti nemmeno i fatidici cento passi, una luminescenza pallida ti attira lo sguardo. Punti in quella direzione e vedi del movimento. Forse un cacciatore? Forse un cercatore di funghi che si è attardato? Potrebbe essere l’incontro fortuito che risolve la situazione.

Un bel «Mi scusi?» detto ad alta voce viene seguito da un altrettanto assordante silenzio: nessuna risposta da colui o colei che si credeva una persona. Viene da pensare: forse è solo questione di distanza?

E allora ecco il primo vero errore, seguire quella scia luminosa, seguire quella figura nel luogo meno congeniale per chi non è di lì, per un cittadino che non sa di preciso dove andare e che dopo nemmeno venti metri non si raccapezza più, non capisce dove sia la strada che ha lasciato dieci respiri fa.

Così, mentre la luce del sole sparisce del tutto e il vuoto oscuro del bosco ci artiglia, guardarsi intorno e sentirsi perduto è tutt’uno.

Panico? Ancora no. In fondo è sufficiente accendere la torcia dello smartphone, in fondo sennò che li fanno a fare tanto tecnologici se non funzionano anche come torcia.

Nel frattempo il buio arriva e con esso il freddo, sì perché il giaccone è sul divanetto posteriore dell’automobile. Il buio e i rumori della selva, i sussurri dei rami, i richiami degli strigiformi e i passi di qualche marmotta o chissà cos’altro. Cercando naso all’insù di ritrovare il bandolo e capitare sull’asfalto, può succedere di tutto, anche di cadere e perdere il cellulare, nel sottobosco che lo inghiotte come un mare di fogliame e muschio.

Un sussurro, poi forse un tocco, come di una mano delicata che ci sfiora la pelle, le guance.

«Chi c’è?» viene da gridare.

Ci si prova a ricordare qualche segno, qualche cespuglio di rosa canina o una radice affiorante, un particolare cioè da cui dedurre una direzione da prendere e poi di nuovo la luce di un delicato blu: appare e scompare tra i tronchi.

«Chi c’è?» si grida ancora, stavolta con una nota di timore.

La cosa più inquietante però è che stavolta qualcuno risponde «Sono qui per te» sussurra «Sono qui per te».

 

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65 pensieri riguardo “Il bosco

      1. Certo certo! Lascio passare Halloween e le sue feste e poi lo pubblico qui sul blog. E’ un lavoro da appassionato, non da professionista, ma mi ci sono applicato… con tutti i miei limiti! 😛

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      1. Ci mancherebbe… conosco troppe streghe per mancar loro di rispetto. E poi i morti bisogna lasciarli riposare, nella terra di qua hanno già dato, non rompiamogli le scatole… 🙂

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  1. Ho atteso questo racconto con la trepidazione di chi sa che sta per ricevere un regalo, una cosa graditissima che lo sorprenderà e così, quando il servizio di notifiche di WordPress (la gestione del cui software, la notte di Halloween, è stata palesemente affidata ad un Signore del Caos..) mi ha segnalato il suo arrivo, mi sono precipitato sull’applicazione del telefono a scorrere il lettore dei siti che seguo: ho dribblato il pingback che tu hai creato al mio post, ho visto senza fermarmi con la coda dell’occhio il reblog che ha fatto Liza del tuo stesso post e poi eccolo là, finalmente, contrassegnato dal tuo avatar rosso e la croce bianca del simbolo di errore… il tuo post era infine la mia preda!
    C’era troppo casino in casa, però… ma va bene, è Halloween… in tv film horror a manetta e mio figlio in camera sua con degli amici a giocare a qualche survival horror…
    Perciò vado in bagno, mi chiudo dentro ed i rumori diventano ovattati…
    Non basta, perciò cuffiette alle orecchie e faccio partire la soundtrack del film The Social Network ed inizio la lettura, seduto sul water con la tavoletta chiusa, a mò di sedile della metro…
    Impiego poco tempo, una lettura superba, scorrevolissima, con una sintassi elegantemente sincopata, con le giuste ripetizioni ansiogene, una descrittività mai retorica (cosa notevolissima, si sappia, visto che la tentazione di parlare della vegetazione, mentre si scrive una storia ambientata in mezzo agli alberi è altissima) e così sono nel bosco a spiarti, mentre tu, l’io narrante, ti metti nei guai sfidando il buio, finché alla fine il male residente, quello più pauroso di tutti perché non ringhia ma sussurra, ti chiama e ti riconosce… fantastico!
    Un gioco letterario con il gusto della narrativa statunitense contemporanea e dell’horror minimalista, più It Follows che non Saw, più Bradbury che non Barker, perché qui siamo nella zona buia dell’inconscio, nel cono d’ombra delle scale a chiocciola che scendono in cantina o dei cappotti attaccati in un corridoio buio dove forse si nasconde un corpo morto appeso all’attaccapanni.
    Sono sinceramente colpito da una prova di simile maturità letteraria, un racconto dell’orrore psicologico destrutturato, dove l’ironia è nel meta-testo di chi come te fa palesemente colazione con il genere horror e pranza con il thriller, dove il bosco è luogo di smarrimento e morte e presenza occulta e memoria di atrocità non viste e solo immaginate.
    Complimenti, Gianni, complimenti.

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      1. Faccio fatica, Gianni, a farti capire il senso di sorpresa piacevolissima che mi ha procurato la lettura del tuo racconto e quella che a te sembra eccessiva generosità è in realtà la mia reazione sincera alla soddisfazione di non essermi imbattuto nel solito racconto pieno di cliché, imbrattato di budella, scandito da jumpscaring, dove tutto è alla fine un sogno o dove il mostro è l’uomo…
        No, il tuo brano è una ballata malinconica che si trasforma nel rabbrividente incubo stridente dell’oscurità indefinita su cui quindi il lettore può elucubrare: è il mostro sotto al letto, l’uomo nero nell’armadio, il maligno che ci conosce e ci chiama per nome.
        Non ho citato a caso, nel mio commento di prima, la musica di Atticus Ross, perché a livello percettivo il tuo bellissimo racconto è ambientale e non grandguignolesco.
        Fidati, è molto, molto bello.

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      2. Sei davvero un gran signore, Gianni ed il tuo scusarti persino con me, nel caso che io mi fossi addirittura offeso per una tua eventuale sottostima della mia critica è merce umana moooolto rara…
        Vedi, io non solo ho una grande stima di te come scrittore, ma ho anche il riverbero del piacere generatomi da tanti colori e toni che mi ricordano gli autori a me più graditi e questa commistione di apprezzamento razionale e ricordo gradevole mi ti fa apprezzare sempre moltissimo, anche se non so quanto gli altri possano comprendere tutto questo…
        Buona festa, amico, buona festa!

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    1. 🙂 🙂 🙂
      Non volevo fosse il solito racconto dove qualcosa appare e giù colpi d’ascia!
      E poi il bosco con le sue ombre lunghe… il vento …è già di per sé inquietante.
      Grazie, sono molto contento che ti sia piaciuto.

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    1. Spero di riuscire a mantenere lo stesso livello nel prossimo pezzetto di racconto. Questo è venuto di getto, anche se l’idea da qualche parte c’era di già. Ho visto che pensare e immaginare davvero serve. Quando l’auto si è fermata io ho visto davvero gli alberi le ombre, gli stop che si accendono …

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      1. Nel tuo racconto vista l’escamotage di parlare come se fosse un classico l’uomo che si perde, l’auto rotta, il bosco, il buio, etc. Hai bilanciato bene novità e familiarità e soprattutto lunghezza del racconto. Più lungo di così forse non avrebbe funzionato scritto in questo modo… Ovviamente è un parere da lettrice! Non ho competenze specifiche 🙂 Leggerò anche questi asap 😉

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      2. Raccolgo il tuo pensiero con vero piacere. In effetti hai ragione quando parli della lunghezza… forse il tono e il tempo con cui è scritto diventerebbe pesante se tenuto troppo a lungo.
        E’ un aspetto a cui non avevo pensato… Ho un “racconto base” che mi porto dietro da quasi dieci anni e che uso come “pista di collaudo” e in effetti è scritto tutto come “il bosco”. Ne devo essere rimasto traviato… perché ultimamente l’ho rimaneggiato e fare un lavoro su quasi 50 pagine (appunto) ti travia.
        Grazie, il tuo commento è prezioso.

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      3. Prima o poi bisogna che decida se cancellarlo dal cassetto o farne una versione definitiva per davvero. No che non sono gentile*, i commenti come questo sono davvero utili!
        *beh poi sono anche gentile, spero.

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      4. ahahahah
        Credo non ci sia una risposta assoluta a questo dubbio. Dipende dal racconto. Il racconto zero può anche restare lì come prototipo a vita, per ricordarsi da dove si è partiti. Oppure no.. Dipende da un sacco di cose..

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      5. A tu dici quando il protagonista viene chiamato? Diciamo che l’essenza è tutta lì, del racconto: per un caso ti sei fermato nel bosco, hai cercato di trovare in qualche modo una soluzione e ti sei imbattuto nel tuo destino.

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      6. Ah…. scusa scusa…
        La conclusione è che la protagonista si droga perché sennò non è inspirata. Il mostro che è in lei è “l’amica droga”.

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      7. Macché era criptico. E’ una sorta di mini-omaggio a Janis Joplin. Prima che “pescasse” la dose sbagliata disse a chi la trovava radiosa e ispirata “…ho un amico” in realtà era il suo mostro.

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