La scatola


Bob l’orso, la scatola di legno

Bob l’orso si aggirava lentamente nel bosco dei Faggi Molli. Guardava sbadigliando il sentiero cosparso di fogliame, e di tanto in tanto si fermava per ammirare qualche cespuglio di pungitopo o un sasso luccicante.
In questo periodo, con l’inverno che non si decideva a venire, Bob non sapeva che fare. Aveva mangiato sino alla sazietà ed il suo pelo grigio chiaro, era diventato folto e caldo, troppo caldo; tant’è che non riusciva ad andare in letargo, proprio non aveva sonno e se provava ad entrare in uno degli anfratti che di solito usava come tana, si sentiva soffocare.
Ad un tratto Bob venne attirato da un rumore, un fruscio, come se qualcosa strisciasse sulle foglie secche; da dietro un cespuglio rinsecchito apparve con la sua andatura buffa un porcospino. Bob trattenne il fiato e rimase immobile, perché sapeva benissimo che se solo avesse fatto un movimento, o un rumore, la delicata creaturina si sarebbe dileguata; l’orso era troppo grosso e spaventoso per un esserino così piccolo.
Ora si deve sapere che Bob non avrebbe mai fatto del male ad un piccolo porcospino, perché a differenze di altri orsi, lui, Bob, mangiava solo patatine e merendine dai piatti dei campeggiatori, oppure bacche e radici.
Per quanto l’orso si impegnasse nel rendersi invisibile, l’altro, il porcospino, lo vide e rimase meravigliato, la piccola boccuccia spalancata, il naso appuntito all’insù per vedere meglio il plantigrado.
“Un orso grigio? Che ci fa un orso grigio di questi tempi nel bosco?”
Bob, vedendo che il porcospino non fuggiva e che anzi gli parlava, ebbe un moto di gioia e quasi sorrise, quasi! Dovette fermarsi e limitarsi ad un sorrisetto appena accennato: non poteva scoprire i lunghi denti affilati e capaci di tranciare il ramo di un albero, avrebbe fatto scappare il cosetto.
“Sì sono un orso grigio, mi chiamo Bob e con questo caldo è presto per andare in letargo, così girello nel bosco. Lo sai che proprio ieri ho trovato quattro piante di asparagi selvatici?”
“Asparagi selvatici? Ah, buoni, ma non è proprio il momento per me di fare conversazione, ho un problema e devo sbrigarmi.”
“Devi sbrigarti? Oh, ma allora mi lascerai qua? E’ da un po’ che non faccio conversazione, in questo bosco ci sono sempre così pochi animaletti con cui parlare.”
“Oh, lo vedo che sei un gran chiacchierone, ma davvero oggi proprio non posso. Arrivederci.”
Bob gioì di nuovo; il porcospino aveva usato la parola arrivederci, voleva dire che poteva incontrarlo di nuovo. L’orso osservò il piccolo cosetto andarsene più in fretta che poteva, scodinzolando mentre avanzava; praticamente una pallina di aculei su quattro zampette.
Dopo un paio di minuti buoni, vedendo la scena, a Bob venne un’idea: aiutare il porcospino.
“Signor porcospino, posso aiutarla in qualche modo?”
L’animaletto si fermò, attese qualche istante poi ruotò su se stesso; era come vedere un puntaspilli fare manovra.
“In effetti sì, grande e grosso come sei, potresti aiutarmi!”

 

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