Splatt! Ovvero come si usa il pomodoro a dovere

Mi ripeto, un po’ perché sono un pelandrone, scansafatiche, faticone, un po’ perché ritornerò su questo argomento. Buon pomodoro a tutti.

ilperdilibri

steelSe si va ad analizzare la filmografia di questi ultimi 40 anni, si incappa in una serie di film divenuti di culto…
tra Zombi, Cose dell’altro mondo, Bamboline più o meno sgozzate, turisti finiti tra le grinfie di orridi persecutori, potremmo stare qui sino al 2090… Direte voi: magari, vorrebbe dire che WP come piattaforma è stabilissima (e dai, lo è!) e che noi campiamo almeno altri 75 anni da adesso.
Nel genere splatter puro, horror splatter e thriller sanguinario, si sono cimentati grandi registi, Wes Craven, Sam Raimi, Dario Argento, George Romero, Joe Damato e via discorrendo, sino ai più recenti lavori di origine orientale che tra videocassette, pozzi e autobus abbandonati nella foresta e geisha impazzite, ci hanno regalato pagine (rosso sangue) indimenticabili (beh) a colpi di mostri cannibali e psicopatici dotati di motosega.
Per quanto riguarda gli artisti della carta Koontz, King, Rice, Grangé,  solo per citarne…

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33 pensieri riguardo “Splatt! Ovvero come si usa il pomodoro a dovere

      1. Per non usare direttamente le immagini, potresti fare un post sul corso di “ferite false”… oppure se ti va, mandare le immagini su cui baserò una storia breve che mi inventerò.

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      1. 😀 ogni tanto la faccio nel forno di mia mamma, la casa e’ molto fresca, adesso qua si sta bene, oggi ha grandinato, per fortuna non ha fatto danni, un abbraccio a te, 🙂

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  1. Jack, protagonista assoluto del meraviglioso film di Brian De Palma Blow Out, è un tecnico del suono, interpretato da John Travolta, che per tutta la storia del film, oltre a cercare di risolvere un complotto politico e schivare i colpi di un killer, è alla continua ed incessante ricerca dell’urlo perfetto, un grido straziante che al regista del film horror per cui lavora serve per doppiare una donna terrorizzata, uccisa mentre fa la doccia (in una versione soft-porno della scena cult di Psycho): quello che Jack cerca è l’espressione più autentica di panico che si avrebbe alla vista della morte imminente. Alla fine del film, Jack riuscirà a registrare su nastro quel suono e regalerà al regista una testimonianza straziante (sul come e sul perché, guardatevelo!).

    Al di là della bravura degli interpreti, compresa la moglie del regista, al netto anche della perizia nella messa in scena e dell’ottimo plot costruito sulla vicenda drammatica, questo film mi è rimasto nel cuore soprattutto perché è un grandioso omaggio alle tecniche cinematografiche applicate ai film horror e thriller e tutto questo mi permette di collegarmi al concetto nascosto dentro al titolo del tuo meraviglioso post: il sangue al cinema sembra pomodoro.

    Parliamo di sangue a litri, a secchiate, come quello che si richiede al vero splatter, che quando nacque e si diffuse aveva un qualcosa di anarchico, come anche l’exploitation e spesso si contaminava di comico, come il Braindead di Peter Jackson.
    Si, lo splatter oggi scavalca la credibilità e gioca con la quantità, come il geniale regista norvegese Tommy Wircola (già autore dell’indimenticabile Dead Snow, vero B-Movie e non il trash per fighetti che fa la Asylum) ci ricorda in una memorabile scena del suo più mainstream Hansel and Gretel: Witch Hunters, dove inonda letteralmente di sangue ed interiora di maiale una bellissima Gemma Artenton, mentre nei panni di Gretel non si era spostata in tempo da un contadino esploso davanti ai suoi occhi.

    Eppure all’inizio non era così. Quando lo splatter nacque esso era paradossalmente realistico, perché rappresentava semplicemente il rivoluzionario insistere da parte del regista sui dettagli raccapriccianti delle mutilazioni e delle lacerazioni del corpo umano se sottoposto a urti, morsi, tagli e schiacciamenti: in pratica ciò a cui assiste normalmente un pompiere quando arriva sulla scena di un imcidente automobilistico mortale o ciò che trova la polizia quando fa i rilievi sul terreno dove un muratore è caduto da un impalcatura o nella casa di un uomo che si è sparato con un fucile in bocca.

    Splatter era mostrare finalmente ciò che il cinema classico aveva nascosto, quando faceva vedere cowboy crivellati di colpi (con calibri enormi, tra l’altro, com’erano le pistole nel west) cadere a terra senza una goccia di sangue o soldati saltare in aria per l’esplosione di una bomba restando tutti interi e solo impolverati.
    Quando Romero fotografò i suoi zombie addentare le budella delle loro vittime ed i crani spaccarsi sotto i colpi delle armi da fuoco, il cinema americano (e per caduta, mondiale) aveva perso la sua innocenza, tolto il velo che copriva lo specchio oscuro ed infine spalancato il portale di visioni orrorifiche sempre più dettagliate ed insistite.

    Anche se non sembra, con questo mio commento sto in realtà camminando nella tua stessa direzione, Gianni, solo che sul marciapiede dall’altra parte della strada!

    Infatti non si pensi che dopo la fine degli anni ’70 tutto il cinema usò gli stilemi dello splatter ogni volta che una sceneggiatura prevedeva una morte violenta o una mutilazione, oh no, assolutamente: lo splatter, che già nell’onomatopea del suo nome conteneva l’aspirazione iperreale, fu relegato al cinema di genere, dove iniziò un suo percorso evolutivo, compresa una mitosi di comodo nei generi gore (più legati al dettaglio del sangue grumoso delle budella), slasher (incredibile specializzazione nell’uso delle armi da taglio da parte del killer) e del torture-porn (caratterizzato da un compiaciuto sadismo nelle pratiche non casuali volte solo a procurare massimo dolore alla vittima negli ultimi istanti di vita).

    Iniziò anche, tuttavia, già a partire dagli anni ’80, una parallela escalation di violenza negli altri generi cinematografici (per il teorema secondo il quale in arte nessuna rivoluzione viene mai completamente soffocata o circoscritta completamente, ma lascia una eco di se tutto intorno) e questo diede vita ad una contaminazione del thriller (in tutte le sue declinazioni, dal crime, alla spy-story) che esplose letteralmente negli anni ’90 con un florilegio di pellicole, romanzi e fumetti che facevano dell’ esibizione della violenza quasi senza censura la loro tag per definirsi adulti.

    Ok, Gianni, torniamo ai cliché dell’horror, perché la rappresentazione spettacolarizzata della morte e del dolore necessitano sempre di due elementi: vittima e carnefice.

    Qui ti abbandono o meglio qui smetto di camminare dall’altra parte della strada e vengo da te, salutandoti con un sorriso ed una domanda: “escludendo la mancanza di pigmenti chimici necessari, perché gli addetti agli effetti speciali dei film horror anni ’70 usavano un sangue color rosso acceso? Sottolineatura di irrealtà? Oppure altro?

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    1. Sul sangue finto mi trovi preparato e impreparato al tempo stesso, il che mi fa pensare che dovrei studiare di più. In questo caldo e umido momento ti direi che: da principio c’era il bianco e nero, quindi il sangue doveva scorrere realisticamente, ma non essere necessariamente colorato di rosso, poi col colore le cose sono cambiate, ma a quel punto la censura obiettava e assegnava il VM18 come piovesse se il sangue era troppo realistico.
      Riguardo il tipo di sangue finto, a memoria si va dal sangue di maiale, allo sciroppo di mais con colorante rosso (come la spuma sanguinella) oppure altre misture, il perché negli anni ’70 fosse così rosso vivo, no, non lo so di preciso, forse per via del tipo di marca di sciroppo?
      Sempre a memoria, ma come vedi sto pescando in informazioni frammentarie, se non ricordo male nella scena di Psycho della doccia si è usato il caffè in polvere…
      Altri hanno distinto tra sangue arterioso e venoso, come in scene di avvelenamento con relativo trabocco di sangue, scuro, dalla bocca … che a quel punto doveva essere commestibile e non velenoso! Insomma un bel po’ di variabili di colore, tutte simpaticamente da… analizzare!

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      1. Altro che se sei preparato, Gianni! È stato un piacere leggerti mentre dissertavi sulle varie composizioni del sangue cinematografico… tra l’altro il sangue finto e De Palma creano un bellissimo corto circuito con la scena del ballo scolastico e del secchio pieno di sangue animale di Carrie… va bene che il testo di riferimento per la scena era il romanzo di King, ma l’intento meta-cinematografico di De Palma è evidente…
        Che ne pensi di Wircola regista, invece?

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      2. Di lui ho visto solo Hansel e Gretel, ammetto conoscerlo poco, ma per quel poco che ho visto (mentre sto scaricando Dead Snow) mi ha ricordato l’amico Peter Jackson, per come si muove tra i personaggi con l’inquadratura, per come usa la luce, specie all’interno. Non male davvero.

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      3. Dopo circa 90 minuti di visione direi che confermo quanto ho detto. Le scene di neve, ma anche gli interni, mi ricordano molto Jackson. Interessanti le soggettive dei personaggi e le situazioni. Mi hanno riportato alle gesta del mitico Ash Williams… Che dire: molto più splatter di quanto immaginassi (l’intestino è un po’ovunque direi) ma divertente. Belle le scene in “falso colore” e il KO dei vari pesonaggi…! Che dire, gustoso.

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      4. Un B-Movie che ha fatto scuola e che ha una dignità che molto cinema fintamente trash (stile Sharknado, per intenderci).
        Sono ultra-felice di questa cosa che ora unisce GG.., un trash genuino visto da entrambi! 🙂 🙂 🙂

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