E per occhi…


Questo racconto nasce da una improbabile chiacchierata tra me ed un’amica; uno di quei discorsi assurdi dove si parte parlando della cottura del pollo per arrivare alle caratteristiche tecniche dei pupazzi di peluche, passando dalla filosofia da quattro soldi.

E per occhi due biglie blu.      [vai alla seconda parte] Oppure clicka qui sotto

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Al mercato, faceva freddo, anzi freddissimo, qualcosa di terribile all’ombra, appena sopportabile al sole. Il sole, quella cosa gialla e tonda in cielo, che non poteva essere una stella, visto quanto poco riscaldava.
Paoletta stava camminando un passo indietro rispetto alle amiche, con le mani in tasca, il cappello calzato a coprire i capelli che, secondo lo specchio quella mattina facevano schifo, mille pensieri diversi in testa.
Barbara più avanti si girò e fece cenno a Lorena di sbrigarsi, Lorena lo disse a lei, che con passo da “rimorchio-ma-perché-sono-qui” si accodò alle due; insieme raggiunsero l’eden, il paradiso, la vetta dell’Olimpo: la migliore bancarella.
Indubbiamente era così, i maglioni più belli li avevano loro. Volevi una sciarpa come si deve? O te la facevi tu sferruzzando o, la cercavi da loro. Un cappotto? Da loro c’era.
Quella mattina Paoletta non si sentiva di condividere l’estasi dello shopping con le altre, pensieri preoccupazioni, un trasloco di troppo e un raffreddore devastante, le toglievano verve. Le aveva seguite solo ed esclusivamente per la colazione al bar l’Angoloso. La loro pasticceria era ottima, inutile presentarsi lì a dieta, vinceva il bancone con le sfoglie, con le bombe alla crema, con il millefoglie glassato doppia-nutella. Il cappuccino era così così, ma che importava?
“Ti sei incantata?”
Era Barbara, stava richiamando Paoletta dal suo sogno glicemico, mentre Lorena soppesava colletti e risvolti già qualche metro più su.
“Eccomi.”
Le altre non avevano trovato niente di comprabile o di comprabile ma non troppo caro, alla sacra bancarella della lana e volevano proseguire.
A passi lenti si riunì al gruppo, qualcosa però le attirò lo sguardo: un riflesso bluastro. Un attimo appena, c’era stato qualcosa che aveva brillato su di un banco lì attorno. Paoletta si soffermò e lasciò sfilare gli altri e notò un banco di giocattoli, non tutti belli ma decisamente espressivi. Si avvicinò incuriosita e vide cos’era stato a fare il riflesso di poco prima: un bel cagnetto di peluche, un husky forse o qualcosa di simile con, al posto degli occhi, due bellissime bilie colorate, due schegge luccicanti del colore del mare. Non poteva fare a meno di guardare estasiata quel pupazzo con le sembianze di un paffuto cagnolone da slitta in scala 1 a 3!

Come guidata dall’istinto, Paoletta mosse altri due passi e toccò quel peluche: divino. Morbido, soffice, delicato.
“Quant’è?” Chiese ad un signore al di là del bancone, poggiato di spalla al suo furgone.
Le labbra di Paoletta si erano mosse da sole, le mani già aprivano la borsa e tiravano fuori il portafogli.
Il tizio alla bancarella la guardò, poi guardò il cane visibilmente perplesso e restò bloccato per qualche attimo. Lo prese e lo rigirò tra le mani; niente prezzo sul cartellino. Non si ricordava d’averlo messo lì, e per giunta senza prezzarlo, non poteva neanche svernare con la tizia lì a fianco, che lo voleva. Forse la moglie.
“Tamara? Senti, ma quanto viene qui il cane?” Lo alzò e lo mostrò ad una tipa dal capello color – biondo tasto destro applica biondo – dalla parte opposta del tavolone, questa smise di parlare con un’altra signora di età pensionabile a cui stava vendendo una culla giocattolo e rispose: “E’ grande come le pecore! Se è grande come le pecore…”
“Sì è come le pecore.”
“Allora ventidue.”
Venti euro e due monetine da uno, sancirono l’avvenuto acquisto, Barbara aveva adesso il suo husky dagli occhi di biglia, in un comodo sacchettino di carta.

Mentre se ne andava soddisfatta e raggiungeva le amiche, Paoletta non si accorse del crollo: tutti i pupazzi della bancarella, che fino a poco prima erano accanto al suo cane, erano caduti. Chi per terra chi da un ripiano a quello sotto. Tutti insieme, perfino quelli nelle scatole! Come se fosse mancata, tutto ad un tratto, la chiave di volta di un arco.
“Bè? Dai che ti avevamo perso.” Fece Lorena
“Eccomi eccomi.”
“Che hai comprato di bello?” Chiese impaziente Barbara, che nel frattempo era tornata indietro.
“Ho trovato …” Già, chi? “… Pyro.” Poteva andare come nome.
“Un cane?”
“Sì, non è splendido?”
Barbara lo accarezzò era morbidissimo
“Sì è un bel peluche.”
Le due biglie per occhi, sembrarono scintillare dalla soddisfazione, anche se era impossibile che un giocattolo provasse emozioni.

[continua, vai alla seconda parte]

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