Recensione semi – seria ma concreta!

Qui di seguito l’apprezzatissima recensione fatta al racconto Del Ragno il Veleno da parte di un lettore. La pubblico così come è pervenuta all’autore.

Se la recensione fosse seria, dovrebbe prevedere l’analisi sia dei contenuti che della forma; ma siccome non lo è, sulla prima questione non mi pronuncerò: ho visto e letto troppo per non cogliere in quasi ogni storia che mi viene proposta (e quindi anche nella tua) riferimenti ad altri racconti, ad altri film, ad altri fumetti. Come ben sai, tutto è già stato scritto in un altro modo, con parole diverse e quasi sicuramente migliori. Il punto non è quindi se mi sia piaciuta o meno la storia, ma se la storia stessa potesse essere scritta meglio.

Ecco quindi alcuni punti formali sui quali, secondo me, dovresti lavorare:

  • La paratassi carpiata. La forma di costruzione del periodo che hai prediletto in questo racconto è ovviamente la paratassi, che, pur essendo in generale più semplice da gestire della sua amica ipotassi, presenta alcune insidie. Le frasi coordinate dentro un periodo dovrebbero essere correlate in modo piuttosto stretto, e quasi mai, se si usano le virgole per separarle, il soggetto dovrebbe cambiare repentinamente. Se invece lo si fa, si ottiene un effetto straniante che da un lato incalza il lettore con una sequenza di coordinate (come un flusso di coscienza), ma dall’altro lo costringe a riavvolgere mentalmente il periodo per cercare dei collegamenti che spesso non ci sono. Per concludere, segni di interpunzione come il punto e virgola, i due punti e il punto fermo esistono in natura, e sono tuoi amici: usali sennò la prosa si ingarbuglia.
  • Sui dialoghi c’è una regola non scritta, dal cuneiforme in poi: quando cambia l’oratore, si va a capo. Mettere nello stesso capoverso frasi pronunciate da personaggi diversi, non intervallate da periodi “di transizione”, ti lascia sempre un dubbio nella testa: chi minchia sta parlando?
  • Termini fuori tempo massimo: a mo’ di lo poteva forse scrivere Manzoni, mentre in fine e a posta lo diceva messer Boccaccio mentre tirava il calzino in quel di Certaldo.
  • Nell’ultimo capitolo, dopo un paio di pagine ci si riferisce alla direttrice del carcere come a “Valentina” senza che nessuno l’abbia introdotta in precedenza. Il suo nome appare così, di schianto, poche righe prima che Donata se lo ricordi.

Ok, la critica è finita e proprio non so se mi toglierai il saluto

Marcello.

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