L’iniziativa ha funzionato ed è andata oltre…

L’inziativa di condividere il romando di Emma ha funzionato e, negli ultimi mesi, ha dato splendidi ritorni che, per un autodidatta, sono quasi incredibili. Bando alle ciance ed ecco il reblog dell’articolo dal sito di Rosario Galatioto.

Conosco a distanza Gianni Gregoroni per pura casualità. Un rigo e già ho scritto due imprecisioni. Prima di tutto, fra noi due è lui l’elemento attivo nel senso che ha lanciato una sfida sul suo blog. Di seguito alla sua proposta mi ritrovai ad aderire con curiosità e entusiasmo. La seconda imprecisione sta nel fatto […]

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Recensione recensione

Dal blog Tuttolandia1 – recensione

Emma è una bambina dalla personaltà vivace e dotata di una curiosità che la porta a scandagliare luoghi misteriosi,
ad esempio la casa nera, la biblioteca del colleggio di Torre in Poggio e i suoi sotterranei.
Nel suo cammino Emma incontrerà persone “speciali” che la guideranno verso la conoscenza della parte misteriosa che è in lei e che non sapeva di avere…
Incontrerà figure malefiche e poteri sovarnnaturali.

Articolo originale Le avventure di Emma Mancini – Gianni Gregoroni

Ancora importati soddisfazioni. Per essere uno scribacchino non del mestiere, con un passato fatto da materie tecniche, e che non ha fatto corsi di scrittura creativa, i pareri dei lettori sono un premio concreto.

Di fuovo grazie per averlo letto e apprezzato.

Per pigrizia: un articolo sulle critiche…

Per pigrizia, pura pigrizia invece di scrivere qualcosa di nuovo ripropongo un valido articolo sulle critiche e sulle recensioni e sul fatto di saperle usare.

Ogniqualvolta si fa vedere un proprio lavoro a qualcuno per ottenere un parere o meglio una recensione, si ricevono critiche, che vanno accettate. Se poi si ha la fortuna (ed è fortuna ve l’assicuro) di venire criticati da professionisti, ecco che ci si comporta… Già come si reagisce alle critiche soprattutto quelle più dure?

Da Bookblister alcuni esempi

E qui sotto quelle che mi sono “beccato” nel tempo.
[Le critiche e recensioni]

E sono grandissime soddisfazioni

copertina_intrighi_180_rDevo ringraziare tutti coloro che hanno letto e commentato  i primi due segmenti della saga di “Della carne e delle stelle” perché mi aiutano a migliorare e a migliorarlo. Di fatto siete come dei beta-tester.

Qui di seguito uno dei commenti più interessanti che ho ricevuto.  L’autore è il potente M (non quello di 007) che già più volte ha letto (povero lui) i miei scritti.


 

Come promesso, eccoti la recensione dei due racconti della saga “Della carne e delle stelle”: “Nurnè”, d’ora in poi V1, e “Intrighi”, d’ora in poi ovviamente V2.

Come al solito, partiamo dalla trama: la storia richiama alla mente un certo numero di film, racconti e serie televisive. Ci sono persone le cui ferite guariscono subito (ne resterà uno solo?), sacerdotesse divenute potenti grazie alla conversione di anime sottomesse (qualcuno ricorda il culto degli Ori?), segnali mandati verso lo spazio da avamposti in rovina (la cosa più recente: Cloud Atlas), il tutto in un’ambientazione fantasy a-la Game of Thrones (oh no, ancora un re fanciullo…. ), ma con un pizzico di tecnologia aliena.

Quello che potrebbe sembrare un mix di generi e temi abusati dà però vita ad una storia avvincente e dal ritmo serrato, che si snoda velocemente fra pagine e paesaggi. Tuttavia, mi duole far notare la presenza di un plot-hole in V1 piuttosto profondo, la cui lacuna è colmata solo da una “sensazione-certezza” di Ildea a dire il vero piuttosto forzata. Non addentrandomi in dettagli, dico solo che, senza quella “sensazione”, l’intero finale di V1 non ha molto senso: forse andrebbe valutata, da parte dell’autore, l’idea di un piccolo twist nella trama che consenta a Ildea di mettere a punto il proprio piano, senza che questo appaia assurdo agli occhi del lettore.

Dal punto di vista dell’intreccio, V1 è indubbiamente superiore a V2, che vedo solo come un passaggio-ponte verso più concreti sviluppi narrativi.

E ora, la parte più dolente: tutto quello che ha a che vedere con la grammatica, la scorrevolezza dello stile, la facilità e gioia nella lettura. Sparerò un decalogo, cui secondo me ti dovresti attenere quando continuerai la storia.

  1. Virgole, a me! Punto primo: le virgole, e la punteggiatura in generale, non vanno messe a caso. Mai, una volta sottratte le subordinate , ce ne dovrebbe essere una fra soggetto e predicato (“Marco, assetato dopo la partita, si scolò una coca” è OK, ma “Marco, si scolò una coca” NO!)
  2. Soggetti soggettivi. E’ un “vizio” classico del nostro: scrivere prediligendo la paratassi, con tante frasi “primarie” separate da virgole, quando si ricorda di metterle, ma cambiando i soggetti delle stesse senza alcuna logica apparente. Pochi scrittori al mondo riescono a farlo senza costringere i lettori alla xamamina.
  3. Ah, il buon tempo andato… Greg, modernizzati! Il buon pane, il buon ferro, il buon vino.. Ma non sarà troppa tutta ‘sta bontà? Gli aggettivi qualificativi devono appunto… qualificare, cioè specificare meglio, aggiungere dettagli, incuriosire. Altrimenti meglio fare come quelli di Faenza. Altro esempio: dire “chiese dell’acqua” o “deposta su di una pira (pag 121)” puzza di genericità e di svogliatezza. Infine, sparsi per i racconti ci sono termini desueti (a mo’ di, i flutti, alla bisogna…)
  4. Flashback o flashforward? L’inizio del cap 11 di V1 è un esempio di come usi il tempo in modo “curvo”. E nonostante io sia un Marqueziano convinto, non posso non farti notare che se inizi il capitolo con “Alla fine le navi erano arrivate”, non puoi scrivere, poche righe dopo, “e adesso, a forza di remi, avrebbero percorso l’ultimo tratto di mare”. Stessa roba a pag. 87, “…si spogliò completamente” e dopo un po’ “Cominciò a togliere tutti gli abiti”; e poi a pag, 91, la traiettoria della freccia, che prima uccide un soldato, poi “aveva continuato il suo volo sino ad incontrare il petto” dello stesso soldato.
  5. All’alta fantasia qui mancò possa. Lo scrittore, secondo me, è anche un descrittore. Sintetico, ma un descrittore. Sempre a pag .91, pagina un po’ sciagurata, si scrive di una zona impervia dritta e breve (?), di un ponte di pietra da attraversare molto simile (infatti era lo stesso ponte!) a quello presso il quale Vaansta aveva imparato l’uso della spada. I due arcieri: che fine fa il secondo? E poi, a pag. 87: “c’era un paese di 500 anime. L’ultimo abitante se ne era andato[…]. Si chiamava Nalci…”. Ottimo nome per l’ultimo abitante, pensa il lettore. Poco dopo però si dice che “Nalci si era spopolato”. Ecchemminchia, pensa il lettore. Ultima: “[Gli uomini] Erano giunti dopo aver percorso un tratto impervio, conducendo i cavalli per le briglie, stanchi e affamati”. Si capisce, con un po’ di fatica, che sono gli uomini ad essere stanchi e affamati. Ma non è più chiaro: “erano giunti stanchi e affamati…”?
  6. Stat rosa pristina nomine: ho avuto la tentazione di usare il libro come accendi-fuoco-nel-camino (scherzo, non lo farei neanche con un libro di Fabio Volo con la prefazione di Federico Moccia) quando Bastiaji dice “Ho con me Tifa, il mio [coltello]”. E Enni, persona saggia, si meraviglia: “Hai dato un nome al coltello?” Ecco, appunto: di Excalibur, Durlindane, Pungoli e Spilli ce ne sono fin troppi.
  7. Stat rosa… 2: i nomi che hai scelto in genere mi piacciono, tranne uno: il fiume Erchio. A parte che sembra il S-erchio, ma non ce lo sento proprio in una ambientazione di questo tipo.
  8. Stat rosa… 3. Una volta chiarito che Nurnè è una città, non importa che si dica sempre “la città di Nurnè”. Nurnè e basta, no?
  9. It’s a kind of magic. A pag. 116, “una specie di magia”. Va bene se la prendo come citazione, ma già ci sono gli Immortali che però sono mortali se li colpisci in un posto preciso, vuoi mettere anche Christopher Lambert sulla copertina?
  10. Momenti di gloria: A pag. 100 c’è un discorso epico. Ci sta bene, arriva al momento giusto, lì andava scritto. Solo che è, per l’appunto, epico, ed è come se su ogni parola ci fosse il x3 di Scarabeo. Deve essere scritto bene. Anzi meglio, senza sbavature stilistiche. Senza pronomi relativi, senza errori nei tempi verbali. Con le pause giuste e le parole corrette. Cazzo, Jiari sta parlando del futuro suo e dei suoi uomini, e non può dire “tornerò nel mio paesello”; deve dire “tornerò a casa mia, dove sono nato, dove riposano i miei avi”, so una sega io, ma non al mio paesello! Altro esempio: scrivere “Stanotte è probabilmente l’ultimo giorno (!!!) che siamo uomini dell’esercito di Nurnè” grida vendetta. Un po’ meglio potrebbe essere: “Oggi è probabilmente il nostro ultimo giorno da soldati di Nurnè”. Understood?


Molto interessante molto istruttivo, per me e soprattutto, inoltre ho la soddisfazione immensa che è stato colto l’obiettivo di questo racconto/libro ovvero la mia volontà di ripercorrere tutti i cliché della letteratura fantasy e fantastica come spiego qui .

In realtà tutte le cose che sto scrivendo scaturiscono dalla volontà di ripercorrere quel che è già stato, sulla base dei pensieri che ho espresso in questa serie di articoli ovviamente mi scontro con quelli bravi, gli scrittori veri, e vengo sconfitto, ma è giusto così.

Grazie M!

Startag and records

Prima di parlare dell’argomento di questo post e cioè i Tag, vorrei introdurre i grandi record raggiunti in questi primi 10 mesi dell’anno! In alcuni casi sono record che fanno riflettere.

record2015

E andiamo col primo classificato che è un ex aequo:

Il miglior post a sfondo tecnologico [How I did] ovvero come aprire un blog sui libri, sui racconti, sulla musica e avere un picco di 2000 visite su di un post informatico! E altrettante visite avute con il suo fratellino [Footer che è meglio]
Post che vincono anche il premio per il numero di ringraziamenti e citazioni ricevute, ed il record di click in un solo giorno (1° giugno). Una sonora sconfitta vincente, non trovate?

Il terzo posto

Come raggiungere 300 accessi su FB e non avere un account! Con il racconto sulla distrazione [qui] cercatelo voi che io non saprei dirvi dov’è, me l’hanno solo detto via piccione viaggiatore (sono per la detecnologicizzazione) e io mi fido sempre dei miei amici piccioni.

E ancora un ex aequo per il quarto posto

La recensione più divertente ricevuta per un proprio lavoro: [divertente]
E la recensione più tagliente e produttiva per lo stesso lavoro [tagliente assai]

Continua a leggere “Startag and records”

Recensito Emma la strega – orrore a lago Maggiore

Qualche tempo fa ho avuto modo di contattare Il Forziere dei Libri ed ho chiesto loro se volevano leggere e dare un parere per qualche mio scritto; ebbene non solo hanno accettato, ma hanno dato una valuilforzieredeilibri_lowtazione tecnica e della storia (in poche parole una recensione) decisamente decisamente calzante su Emma la strega – orrore a lago Maggiore.

Grazie ancora a Manuela e a Federico e beh [qui il link] alla recensione vera e propria, se volete leggerla a me farebbe molto piacere.

In conclusione, io cosa posso dire? Che sono d’accordo con quanto è stato scritto, totalmente. Sono stati evidenziati i miei attuali limiti, correttamente analizzati direi, e tutto ciò mi dà spunti su cui riflettere e dettagli importanti su cui lavorare. Quindì? Quindi mi rimetto a capo basso a studiare e ad impratichirmi e, beh spero di finire in tempo il terzo volumetto della saga di Emma… Anche perché devo arrivare a cinque (è una minaccia)!!emma_la_strega_orrore_thumb

Per la recensione clicka qui  

Se vuoi scaricare il libro qui

Per il cartaceo clicka qui

177 è al 50%

177  – come da titolo al 50%!

e speravo di fare meglio.50percento

Si ammetto il titolo è dannatamente criptico e no, questo post non è un messaggio né per gli alieni né per la malavita o chessò altro! NO. Il documento siglato come 177 è al 50%. Sono contento ma in tutta sincerità speravo di metterci meno. Sono rimasti indietro pure altri documenti, altri progetti e altre cose.

Dannazione leggo e scrivo troppo lentamente ormai: l’età, il lavoro, lo studio, la vista, le locuste…

Comunque, volevo segnalarvi Una stella nella Polvere della Lettere animate editoreunastellanellapolvere (link) (scheda)

Dopo un bel po’ di romanzi, tra cui La fine dell’estate di Haroumi Setouchi, ero un po’ provato e così ne ho approfittato per leggere questo Western Fantasy. Ho iniziato qualche ora fa non sapendo cosa aspettarmi; lette le prime pagine mi è sembrato un libro strano con uno stile ancora più strano: mi ha fatto venire sete – colpa del deserto e del sole – e questo tutto in un attimo. Così a pelle mi è sembrata una versione cyber del modo di scrivere di Valerio Evangelisti, forse un briciolo ancora più tagliente e secca*, ma è presto per dirlo. Scorre molto, questo va detto sì. Oh ma non vi aspettate una recensione seria. Non da me almeno. 😀

Quello che posso affermare fin da adesso è che prende e si fa leggere e no, non è banale. E bravo Cal Mood, mi farai fare tardi stanotte… Per un attimo ho visto nella sabbia l’ombra di Jon Shannow, ma forse è solo un miraggio. 🙂

*ed è un bene almeno per i miei gusti, perché spesso toglie il fiato.

Ah giusto, cosa diamine è 177 allora? Beh, è un’idea che nasce da un’altra idea: quando cioè un racconto ne genera un altro, soprattutto se è visuale e mischia fantastico all’archeologico, la natura alle divinità.

A presto

Edit : racconto concluso e scaricabile qui

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Recensione all’apparenza tagliente – tuttavia valida e bene articolata

Su “Del Ragno il Veleno” un commento anzi una recensione molto ben argomentata. Indubbiamente utile.


Ciao Gianni,
come promesso ho iniziato a leggere il tuo romanzo, ma purtroppo non mi ha appassionato abbastanza da farmi andare oltre il primo capitolo. Cercherò di spiegarti le cause, perché preferisco almeno essere d’aiuto, invece che dare via “a gratis” un rifiuto secco come farebbe invece un qualsiasi lettore in libreria.
La causa è tutto sommato una: ho trovato lo stile approssimativo – un acerrimo nemico della scrittura, soprattutto nelle prime cinque pagine. Mi spiego meglio:
“Ci vuole una tecnologia grandissima” : la tecnologia può essere avanzata, per esempio, ma “grande” mi è sembrato davvero strano quando l’ho letto, perché è un termine generico applicato in quella che dovrebbe essere una frase storica, che catalizza l’attenzione del lettore – sarebbe stato necessario un termine più preciso, più contestuale.
“Sulla trentina”: stesso discorso. Meglio, forse “allo scadere dei trent’anni”, oppure “a trentadue anni”, o magari toglierlo se l’informazione non è necessaria. Un termine vago all’inizio dell’incipit uccide l’attenzione del lettore. Lo so che concettualmente “sulla trentina”, “allo scadere dei trent’anni” e “a trentadue anni” vogliono dire pressappoco la stessa cosa, ma quel pressappoco è importante.
una certa quantità di droghe” – quanti chili? “Era da un po’ che non lo vedeva” – da un po’ quanto? “Gli ultimi tempi magari aveva tirato la corda un pochetto di più, era sparito qualche euretto da conti cifrati e in una consegna aveva perso buona parte del carico” – un pochetto quanto? quanti euro? quanto del carico? Eccetera eccetera. Insomma, non voglio riscriverti il capitolo, la ritengo una cosa proprio da buzzurri – il romanzo è tuo e non ho intenzione di appropriarmene. Però, ogni volta che è possibile rispondere a domande del genere, secondo me è meglio indicare una quantità precisa – la realtà che stai descrivendo sarà molto più vivida, perchè attraverso un lessico specifico dai ai lettori la possibilità di vivere con le loro sensazioni ciò che stai descrivendo.
Lo stesso pericolo lo danno le frasi fatte: “un bel gruzzolo”, “chi s’è visto s’è visto”. Non credo che insegnino a eliminare le frasi fatte nei corsi di scrittura di best seller. Ho aperto un thriller di JK Rowling un anno fa, e c’era una bella frase fatta già nel primo capitolo, la “folla di curiosi”. Però, il mio consiglio è di uccidere queste frasi come gli scarafaggi (con tutto il rispetto per gli scarafaggi, poveri). Appannano la scrittura quanto la vaghezza del lessico. E’ come se lo scrittore volesse dire “non ho voglia di descrivere la scena per bene ma in fondo dai, ci siamo capiti“.
Ultima cosa, ho notato un certo numero di espressioni che vanno bene nel parlato, nel dialogo di un film per esempio, ma nello scritto sono micidiali: “preparava diciamo una pensione”, “qualche, come dire amico”, “poi mi serviranno un dieci no fai quindicimila euro subito”. Queste sono premure che il parlante usa per velare il significato delle proprie parole. Nel parlato, è una forma di cortesia, di diplomazia. Ma nello scritto hanno lo stesso effetto del lessico vago e dei luoghi comuni. Più che scrivere con la diplomazia di quando il personaggio parla, sarebbe meglio scrivere con la vividezza, anche la brutalità se vogliamo, di quando il personaggio pensa, da solo dentro sè stesso – e questo, nei limiti del plausibile, è meglio allargarlo anche ai dialoghi, per il bene del romanzo. A meno che tu non voglia descrivere un personaggio grottesco, forse è meglio un’omissione a un complicato giro di parole.
Non posso dire nulla sui personaggi e sullo svolgimento della trama, che magari sono bellissimi, perché non sono arrivata a capirli – ma il problema è che se il tuo romanzo incontra lettori come me, nemmeno loro potrebbero arrivarci mai. Per il resto, ti prego di prendere questa mail solo come un punto di vista fra tanti, né più né meno importante degli altri – quindi prendilo in considerazione solo se pensi che ti sia utile a qualcosa, e ignoralo se pensi che abbia detto un sacco di fregnacce.
A presto 🙂

F.L.


Critiche e considerazioni che verranno senza dubbio valutate. Grazie ancora.

Come sempre rimando a questa pagina sulla [vanità]

Rapida recensione – notturna

Altra email all’autore, stavolta su Emma la strega, orrore a lago maggiore .

…La paratassi, per quanto “intricata”, non solo non mi provoca sconvolgimenti ma possiede un proprio valore terapeutico tenendomi sveglio nel mio insistente peregrinare notturno. Diverso il discorso sugli abusi di polisindeti e asindeti, verso i quali, come noto, da anni mi batto per norme specifiche e punizioni esemplari….

F.

Se ne arrivano altre su questo tenore e livello tecnico l’autore dovrà raccoglierle in un volumetto… (chissà che non sia più divertente dei racconti stessi).

Recensione semi – seria ma concreta!

Qui di seguito l’apprezzatissima recensione fatta al racconto Del Ragno il Veleno da parte di un lettore. La pubblico così come è pervenuta all’autore.

Se la recensione fosse seria, dovrebbe prevedere l’analisi sia dei contenuti che della forma; ma siccome non lo è, sulla prima questione non mi pronuncerò: ho visto e letto troppo per non cogliere in quasi ogni storia che mi viene proposta (e quindi anche nella tua) riferimenti ad altri racconti, ad altri film, ad altri fumetti. Come ben sai, tutto è già stato scritto in un altro modo, con parole diverse e quasi sicuramente migliori. Il punto non è quindi se mi sia piaciuta o meno la storia, ma se la storia stessa potesse essere scritta meglio.

Ecco quindi alcuni punti formali sui quali, secondo me, dovresti lavorare:

  • La paratassi carpiata. La forma di costruzione del periodo che hai prediletto in questo racconto è ovviamente la paratassi, che, pur essendo in generale più semplice da gestire della sua amica ipotassi, presenta alcune insidie. Le frasi coordinate dentro un periodo dovrebbero essere correlate in modo piuttosto stretto, e quasi mai, se si usano le virgole per separarle, il soggetto dovrebbe cambiare repentinamente. Se invece lo si fa, si ottiene un effetto straniante che da un lato incalza il lettore con una sequenza di coordinate (come un flusso di coscienza), ma dall’altro lo costringe a riavvolgere mentalmente il periodo per cercare dei collegamenti che spesso non ci sono. Per concludere, segni di interpunzione come il punto e virgola, i due punti e il punto fermo esistono in natura, e sono tuoi amici: usali sennò la prosa si ingarbuglia.
  • Sui dialoghi c’è una regola non scritta, dal cuneiforme in poi: quando cambia l’oratore, si va a capo. Mettere nello stesso capoverso frasi pronunciate da personaggi diversi, non intervallate da periodi “di transizione”, ti lascia sempre un dubbio nella testa: chi minchia sta parlando?
  • Termini fuori tempo massimo: a mo’ di lo poteva forse scrivere Manzoni, mentre in fine e a posta lo diceva messer Boccaccio mentre tirava il calzino in quel di Certaldo.
  • Nell’ultimo capitolo, dopo un paio di pagine ci si riferisce alla direttrice del carcere come a “Valentina” senza che nessuno l’abbia introdotta in precedenza. Il suo nome appare così, di schianto, poche righe prima che Donata se lo ricordi.

Ok, la critica è finita e proprio non so se mi toglierai il saluto

Marcello.