La premessa
Ci sono molti modi di pubblicare un proprio lavoro, tutti perfettamente leciti, nessuno escluso. Questo lo rimarco. Occorre però fare una piccola premessa.
Chi si autopubblica on demand o chi pubblica a pagamento salta (o potrebbe saltare) a pié pari buona parte del percorso di sgrossatura e perfino rifiuto di un testo; di fatto supera lo scoglio dell’essere scelto, selezionato eventualmente corretto o sconsigliato nel proseguire. Senza dilungarsi sul discorso se si può definire questo “soggetto” come scrittore esordiente, nell’accezione di scrittore “professionista” neo-scoperto, in campo editoriale, è bene rimarcare che in queste pagine potrebbero venire trattati e descritti libri stampati ed editati in questo modo.
Detto questo e inoltre, poiché anche i libri autoprodotti o stampati on demand se vuoi comprarli si pagano, vige il diritto del consumatore/lettore di stroncare in modo anche pesante: errori refusi, impaginazione così così e quant’altro dimostri un certo dilettantismo. Lavorando col metodo fai da te, si sono saltate tante fasi non banali nella composizione dell’opera e sicuramente questo si noterà.
E’ mia modesta opinione che uno scrittore – di mestiere – debba attraversare tutte quelle fasi dove, il suo testo, frutto certamente dell’ingegno e della fantasia, del sudore e di tutto quello che si vuole, sia valutato da persone che lo fanno di lavoro; il rischio è che venga respinto, drammaticamente tagliato o rimaneggiato, quando proprio non sia definito un’autentica porcheria e cestinato. Amen, è il mondo dell’editoria.
Ma – e qui casca l’asino – il mondo ha dato altre possibilità ed è anche vero che c’è chi pubblica per “gioco”, peccando certo di vanità, sebbene l’intento sia condividere con terzi le sue fantasie come può, tentando di spendere e fare spendere il meno possibile (giusto la carta e le spese di spedizione) sforzandosi di raggiungere più persone possibili, per ottenerne di ritorno una qualche forma di gratificazione (tipo: ehi bastardo la tua storia mi è piaciuta, anche se scrivi da schifo); in quel caso, come si può definire questo smisurato compiacimento dell’ego?
Domanda retorica a cui non ho risposte né ho interesse a dibatterne e non ne darò a terzi: io, sono tra i peccatori.
Rimandare a Vanità di vanità del cantastorie e maestro Branduardi a questo punto mi pare il minimo…
Aggiunta del 2015 : link ad un interessante commento Che dire condivisibile, che ne pensate?
Ciò che più amo di te è la delicatezza che usi in ogni post che scrivi. Qualità più unica che rara.
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Ti ringrazio. Sai è che ho sempre il dubbio di apparire saccente e poi, credo che non si debbano mai dare per scontate troppe cose e quindi quando affermo qualcosa, cerco di fare capire che non è detto sia un valore assoluto quanto scrivo. Grazie davvero.
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Tu conosci “la giusta misura”. 😀
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Non sai quanto piacere mi fa sentirtelo dire.
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👏👏👏👏👏
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Anche io sono peccatrice, seppur per interposta persona: mio marito.
Anzi, doppiamente peccatrice anche per una certa dose di incoerenza.
Da aggiungere a mia discolpa? No, nulla. Sono consapevole di meritare critiche senza sconti.
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L’incoerenza è saggezza, almeno secondo me. La coerenza mah?
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❤
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